Tre incontri sull’essere umani – La Memoria
Tre Incontri sull’essere umani,
rileggere l’Ecclesiaste.
La Memoria.
Tre Incontri sull’essere umani,
rileggere l’Ecclesiaste.
La Memoria.
CICERONE, Prima Catilinaria
Fino a che punto abuserai, o Catilina, della nostra pazienza? Quanto a lungo questo tuo furore si prenderà gioco di noi? Fino a che punto arriverà la sfrontatezza sfrenata? Non ti turbarono per niente il presidio notturno del Palatino, per niente le sentinelle notturne della città, per niente il timore del popolo, per niente l’affluenza di tutti gli onesti, per niente questo protettissimo luogo per tenere la riunione del senato, per niente la bocca e il volto di questi? Non senti che i tuoi piani sono svelati, non vedi che la tua congiura, conosciuta già da tutti questi, è tenuta sotto controllo? Chi di noi ritieni che ignori che cosa hai fatto la notte scorsa, che cosa in quella precedente, dove sei stato, chi hai convocato, quale decisione hai preso?
O tempi, o costumi! Il senato comprende queste cose. Il console le vede; questo tuttavia vive. Vive? Anzi, viene anche in senato, diventa partecipe delle decisioni pubbliche, annota e designa con gli occhi ognuno di noi per la strage. Invece sembra che noi, uomini forti, facciamo abbastanza per lo stato, se evitiamo il furore e le frecce di costui. A morte te, o Catilina; era opportuno che per ordine del console già prima fossi condotto, contro di te era opportuno che fosse portata quella rovina che tu progetti da tempo contro tutti noi.
Ma in verità un uomo magnificentissimo, Publio Scipione, pontefice massimo, da privato cittadino uccise Tiberio Gracco, che aveva danneggiato solo leggermente la condizione dello stato; noi consoli sopporteremo Catilina, che desidera devastare il mondo con la strage e gli incendi? Infatti io trascuro quegli eventi troppo antichi, ovvero che Caio Servilio Ahala uccise di sua mano Spurio Melio che desiderava la rivoluzione. Ci fu, ci fu un tempo all’interno di questo Stato una virtù tale che gli uomini forti punivano un cittadino dannoso con pene più dure di un nemico durissimo. Abbiamo un senatoconsulto contro di te, o Catilina, forte e autorevole, non manca allo stato il consiglio e l’autorevolezza di questo ordine. Noi, noi – lo dico apertamente – noi consoli manchiamo.
DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO
DEL 26 AGOSTO 1789
I rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo dal poter essere in ogni istante paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti. Di conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino:
Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO
Vista la deliberazione dell’Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la Costituzione della Repubblica Italiana
PROMULGA
La Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo:
PRINCIPÎ FONDAMENTALI
Art. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
PARADISO, CANTO XXXIII
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio, 3
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura. 6
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore. 9
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace. 12
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar sanz’ali. 15
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre. 18
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate. 21
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una, 24
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute. 27
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi, 30
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi. 33
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi. 36
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!». 39
Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l’orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati; 42
indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s’invii
per creatura l’occhio tanto chiaro. 45
VLADIMIR PROPP, MORFOLOGIA DELLA FIABA
Propp giunse alla conclusione (1928) che tutti i personaggi delle cento fiabe popolari russe analizzate potevano essere catalogati in otto categorie di “personaggi-tipo”.
Spesso, uno stesso ruolo può essere ricoperto da più personaggi oppure uno dei personaggi potrebbe ricoprire più ruoli. Lo schema generale di una fiaba definito da Propp è il seguente:
Dopo l’esordio, la storia si sviluppa seguendo trentuno sequenze di ordine prestabilito.
Un membro della famiglia lascia la sicurezza del suo ambiente domestico.
Alla vittima viene imposta una “interdizione”, o gli viene sconsigliato di agire in un certo modo.
Quando la vittima infrange il divieto imposto, l’antagonista entra nella storia.
In questa fase, la vittima designata potrebbe interrogare l’antagonista, ma, più spesso, è quest’ultimo a compiere una serie di ricerche sull’eroe.
Le ricerche dell’antagonista vanno a buon fine, ed egli ottiene delle informazioni utili sull’eroe o sulla sua vittima.
L’antagonista, sempre sotto mentite spoglie, cerca di ottenere la fiducia della vittima designata, ingannandola per catturarla o per prendere possesso dei suoi averi.
A questo punto, l’inganno perpetrato ai danni della vittima è andato a buon fine, e quest’ultima, e/o l’eroe, è ora impegnata ad aiutare il proprio nemico.
L’antagonista danneggia/ferisce un membro della famiglia dell’eroe.
Il danno o la mancanza si palesano: l’eroe sente una richiesta di aiuto oppure viene avvisato; in alternativa, se vittimizzato, viene liberato dalla sua prigionia.
L’eroe decide/accetta di ribellarsi, agendo in un modo che servirà a porre fine alla mancanza e sconfigge l’antagonista.
L’eroe lascia la sua abitazione.
Prima di ricevere aiuto, solitamente sotto forma dell’agente magico che egli sta cercando, l’eroe viene messo alla prova, interrogato, attaccato, sfidato, ….
L’eroe reagisce alle azioni del donatore: supera/fallisce la prova, libera i prigionieri, riconcilia i litiganti, compie qualche tipo di servizio, usa i poteri dell’avversario contro di lui, etc.
Dopo aver superato la prova, l’eroe acquisisce l’uso di un agente magico sotto varie forme: trasferimento diretto, localizzazione, preparazione, ingestione, etc.
L’eroe viene condotto nel luogo in cui si trova l’oggetto delle sue ricerche o comunque gli viene indicata la strada.
L’eroe e l’antagonista combattono direttamente.
All’eroe viene impresso un marchio: viene ferito oppure riceve un anello o un altro oggetto caratterizzante.
L’antagonista perde: viene ucciso in combattimento, sconfitto in una competizione, ammazzato nel sonno, esiliato, eccetera.
Viene posto rimedio al danno iniziale e si risolve la mancanza: l’oggetto della ricerca viene consegnato, l’incantesimo spezzato, la persona morta resuscitata, il prigioniero liberato, etc.
L’eroe torna a casa.
L’eroe è perseguitato da qualcuno che attenta alla sua vita o al suo status.
In un modo o nell’altro, l’eroe viene salvato dalla persecuzione: si nasconde o viene nascosto, si trasforma in maniera irriconoscibile, viene salvato da un attentato alla sua vita.
Potrebbe anche darsi che degli ostacoli indipendenti dalla sua volontà rallentino il suo nemico.
L’eroe – mascherato ed irriconoscibile – torna a casa o arriva in un altro paese.
Un falso eroe cerca di prendere il posto di quello vero.
A questo punto, l’eroe viene sottoposto ad una prova di vario genere (un enigma da risolvere, una prova di forza, resistenza od abilità, un processo).
L’eroe supera la prova.
Grazie al marchio (o all’oggetto ricevuto), l’eroe viene riconosciuto.
Il falso eroe o l’antagonista viene smascherato pubblicamente.
L’eroe assume nuove sembianze (diventa bellissimo, viene guarito, gli vengono forniti nuovi indumenti).
L’antagonista viene punito.
L’eroe ottiene la ricompensa finale, che solitamente consiste nella possibilità di sposare la donna che ama o di salire al trono (o entrambe le cose).
Raperonzolo
Hänsel e Gretel
Cenerentola
Cappuccetto Rosso
Pollicino
Biancaneve
Narrare e descrivere
VLADIMIR PROPP, Morfologia della fiaba
Alla base dell’analisi di Propp sta il concetto di funzione, che riguarda l’azione/reazione a cui un personaggio è assoggettato. Le funzioni sono punti cardine all’interno della narrazione e sono quelle unità che mandano avanti l’intero racconto; esse succedono alla situazione iniziale, che ha il compito di introdurre l’ambiente della narrazione. Propp ha individuato 31 funzioni.
Queste funzioni alle volte possono essere invertite (per esempio l’eroe riceve l’oggetto quando è ancora a casa) e l’ordine cambiare. In linea generale una funzione per andare a buon fine deve essere ripetuta tre volte (le prime due volte non si sortisce un esito positivo mentre la terza è quella decisiva: ad esempio l’eroe bussa a due case prima di trovare la casa giusta).
Oltre alle funzioni, Propp individuò anche 7 personaggi tipo (chiamati anche sfere d’azione) ricorrenti:
Questi ruoli nella realtà delle fiabe possono essere ricoperti da più personaggi oppure più ruoli possono essere ricoperti da un solo personaggio. Ad esempio, la strega che viene uccisa all’inizio del racconto, viene sostituita dalla figlia nel ruolo di antagonista. Viceversa, il re può aiutare l’eroe fornendogli una spada magica, ma anche dargli un incarico, occupandosi di ricoprire il ruolo del mandante.
Divina Commedia, Inferno, Canto V
I’ cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri». 75
Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno». 78
Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega!». 81
Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere dal voler portate; 84
cotali uscir de la schiera ov’è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettuoso grido. 87
«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno, 90
se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso. 93
Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ’l vento, come fa, ci tace. 96
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui. 99
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. 102
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona. 105
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.
LEV TOLSTOJ, Anna Karenina
Due cameriere che camminavano sulla banchina si voltarono a guardarla, facendo ad alta voce qualche apprezzamento sul suo vestito: “sono veri” dissero dei pezzi ch’ella aveva addosso. I giovani non la lasciavano in pace. Di nuovo le passarono accanto, guardandola in viso e gridando fra le risa qualcosa con voce contraffatta. Il capostazione, passando, le domandò se partiva. Un ragazzo, venditore di kvas, non le toglieva gli occhi di dosso. “Dio mio, dove andare?” ella pensava, allontanandosi sempre più sulla banchina. Alla fine si fermò. Le signore e i bambini, che erano venuti a incontrare un signore con gli occhiali e che ridevano e parlavano forte, tacquero, esaminandola, quand’ella giunse alla loro altezza. Ella affrettò il passo e si allontanò da loro verso l’orlo della banchina. Si avvicinava un treno merci. La banchina si mise a tremare e a lei parve d’essere di nuovo in viaggio. Lev Nicolaevic Tolstoj – Anna Karenina 910 www.writingshome.com E a un tratto si ricordò dell’uomo schiacciato al suo primo incontro con Vronskij e capì quello che doveva fare. Dopo essere scesa con passo veloce, leggero, per i gradini che andavano verso le rotaie, si fermò accanto al treno che le passava vicinissimo. Guardava la parte sottostante dei carri, le viti e le catene e le ruote alte di ghisa del primo carro che scivolava lento, e cercava di stabilire con l’occhio il punto mediano fra le ruote anteriori e le posteriori e il momento in cui questo punto mediano sarebbe stato di fronte a lei. “Là — si diceva, guardando nell’ombra del carro la sabbia mista a carbone di cui erano sparse le traverse — là, proprio nel mezzo, e lo punirò, e mi libererò da tutti e da me stessa”. Voleva cadere sotto il primo vagone che giungesse alla sua altezza nel punto mediano; ma il sacchetto rosso che aveva preso a togliere dal braccio, la trattenne, ed era già tardi; il punto mediano le era passato accanto. Bisognava aspettare il vagone seguente. Un sentimento simile a quello che provava quando, facendo il bagno, si preparava a entrar nell’acqua, la prese, ed ella si fece il segno della croce. Il gesto abituale della croce suscitò nell’anima sua tutta una serie di ricordi verginali e infantili, e a un tratto l’oscurità che per lei copriva tutto si lacerò, e la vita le apparve per un attimo con tutte le sue luminose gioie passate. Ma ella non staccava gli occhi dalle ruote del secondo vagone che si avvicinava. E proprio nel momento in cui il punto mediano fra le ruote giunse alla sua altezza, ella gettò indietro il sacchetto rosso, ritirò la testa fra le spalle, cadde sulle mani sotto il vagone e con movimento leggero, quasi preparandosi a rialzarsi subito, si lasciò andare in ginocchio. E in quell’attimo stesso inorridì di quello che faceva. “Dove sono? che faccio? perché?”. Voleva sollevarsi, ripiegarsi all’indietro, ma qualcosa di enorme, di inesorabile le dette un urto nel capo e la trascinò per la schiena. “Signore, perdonami tutto!” ella disse, sentendo l’impossibilità della lotta. Un contadino, dicendo qualcosa, lavorava su del ferro. E la candela, alla cui luce aveva letto il libro pieno di ansie e di inganni, di dolore e di male, avvampò di una luce più viva che mai, le schiarì tutto quello che prima era nelle tenebre, crepitò, prese ad oscurarsi e si spense per sempre.